INSIEME

In occasione della festa diocesana della S. Famiglia ho scelto di puntare l’attenzione su questo avverbio. Sono importanti i momenti in cui si ricupera la bellezza dello stare “Insieme”.

 

È un modo per rompere quella “solitudine educativa” che mette in difficoltà soprattutto i genitori che ancora non hanno rinunciato al loro compito educativo. I genitori, infatti, si vedono spesso soli ad affrontare il dialogo educativo con i figli che crescono, sempre più attirati dagli amici, ai quali tutto è permesso. “Così noi genitori finiamo per cedere alle richieste dei nostri figli più per stanchezza”, mi hanno confidato spesso alcuni papà e mamme.

 

Non è facile educare alla fede, oggi. C’è una ragione che distoglie dall’impegno educativo: è la paura. Di questa paura possono soffrire perfino i genitori nei confronti dei figli. Una volta erano i figli che avevano paura del giudizio dei genitori, quando compivano scelte non coerenti con la tradizione religiosa della famiglia. Ora sono i genitori – così mi appare tante volte – che temono, nell’espressione della loro fede, il giudizio dei figli.

 

Perché oggi si ha paura non dico a ostentare la fede, ma a sentirsi credenti anche di fronte agli stessi familiari? Forse perché si ha paura di essere soli? Fuori moda? Gente di altri tempi?Mi piacerebbe che un giorno i genitori si rivolgessero alle nostre comunità cristiane, associazioni, scuole, con queste parole di un mio professore, poi Vescovo di Reggio Emilia:

 

“Parlate ai nostri figli del mondo, di quello che succede nel mondo. Discutete i loro problemi e aiutateli ad affrontarli. Ma soprattutto parlate loro di Dio. Non fate solo psicologia. Non fate solo della sociologia. E neppure solo della morale, sia pure la più alta e illuminata. Fate profezia, e rivelate, per quello che vi riesce, il vero volto di Dio. Fate in modo che, anche attraverso le vostre parole, sia dato loro di contemplare sul volto di Cristo l’immagine viva, stupenda, incancellabile dell’amore del Padre” (Mons. Adriano Caprioli).

 

È di questa grande fede che abbiamo tutti bisogno. Diceva J. Maritain, amico del Papa S.Paolo VI, che se, in passato, bastavano cinque prove per dimostrare l’esistenza di Dio, oggi ce ne vuole una sesta, la più importante: la vita della comunità: comunità sotto la Parola, comunità d’altare; comunità che prega, sa fare festa, è attenta ai poveri che abitano tra la propria gente, ha parole di consolazione per i suoi malati e reca loro la parola della speranza e il pane dei forti.

 

L’Egitto per Gesù, Maria e Giuseppe, è una terra straniera: forse andarci da soli intimorisce, ma insieme è diverso. La Santa Famiglia affronta il viaggio unita. Se ci guardiamo intorno anche noi possiamo forse riconoscere terre straniere che ci circondano, anche noi possiamo osare di addentrarci nelle nostre terre d’esilio, dove a volte ci spinge la stessa vita, per necessità. L’importante è farlo insieme, come comunità, come Chiesa. Dove per terre d’esilio possiamo intendere quelle realtà che sentiamo lontane, estranee, anche ostili… ma che forse hanno bisogno che qualcuno vi porti Gesù, come provvidenzialmente è successo all’Egitto.

 

Ecco la vita della Santa Famiglia, questa famiglia un po’ speciale. Una vita da pellegrini e forestieri, ma una vita insieme, con le persone che la provvidenza ci ha donate come compagne di viaggio, perché ci amassimo a vicenda. Ecco perché esiste la famiglia, la comunità in cui vivo, la Chiesa: per darmi la possibilità di essere amato e di amare.